Non c’è cosa che non sia perduta tra infaticabili specchi (Borges)
La nuova scultura, come la Pittura Colta, segue la via inattuale dell’arte, cioè si pone oltre il quotidiano irrecuperabile e casuale, in una dimensione mitica aperta all’invenzione inalienabile. Più che nella grande dimensione essa si attua prevalentemente nella piccola, la sola capace, di “contenere” l’infinitamente grande dell’immagine o della forma . Ora la spazialità è più simbolica che strutturale, mentre il suo plastico genera sconfinamenti con cadenze arcaiche. Come luogo di invenzioni mitiche, la scultura di Paolo Borghi allude a precise spazialità inanimate ma inondate di ebbrezza mediterranea, dove l’immagine è “dentro” il luogo “gigantesco”, anzi ne costituisce la dimensione inavvicinabile, come in Magritte e Savinio.
L’effetto ambientale è combinatorio, per cui l’immagine subisce una sorta di metamorfosi. L’innesto rivela più piani differenti, prolunga illusionisticamente i dislivelli spaziali che rendono ”voluttuosa”, l’immagine-luogo. Un fluido misterioso ha come modellato la materia (bronzo o impasto artificiale) dai colori surreali. Nella scultura di Paolo Borghi c’è un “falso meraviglioso”, senza il quale l’immagine-luogo sarebbe soltanto una citazione. Infatti è la sua bellezza a rendere visibile la nascita del cielo, della terra, del mare e della forma. L’evento è così circoscritto, da rendere inacessibile la stessa trasformazione simbolica. L’immagine-luogo è quindi una “favola”, una sorta di oggetto misterioso attraverso il quale la scultura definisce a propria forma introvabile, permeata di silenzio e di attese, come la “Città addormentata” di Marcel Schwob. Il segreto silenzio, l’illusoria lontananza, quel gioco aperto dei dislivelli con i suoi innesti interrotti costituiscono la sostanza figurale della scultura di Paolo Borghi. Concentrato pittorico quasi aberrante e d’effetto, essa è qualcosa di inimitabile e vulnerabile, in bilico sulla sua stessa crescita. La scultura è allora una “statua” che intravede miraggi, provoca finzioni e concentra nel suo recinto classico, ossessioni visive sorprendenti.
ltalo Mussa